
Lella Costa Malattia – Il poliedrico percorso artistico di Lella Costa fa una definizione senza rischi. Lavora anche come doppiatrice, scrittrice e conduttrice/hostess. Ha sempre espresso la sua opinione, anche quando farlo significava andare controcorrente e invitare le critiche. È felicissima di essere tornata a teatro dopo che la pandemia l’ha costretta a una pausa,
dove ha potuto sperimentare l’adorazione del pubblico in modo personale per la prima volta dopo mesi. Gabriella Costa è venuta al mondo il 30 settembre 1952, a Milano. Nata al liceo classico, ha proseguito gli studi all’Università, laureandosi in recitazione all’Accademia dei Filodrammatici. Nel 1980, ha finalmente avuto modo di eseguire il suo primo discorso sul palco.
Questa è una delle sue cose preferite di se stessa, perché le permette di essere se stessa di fronte a un pubblico dal vivo. Contrasta questo con spettacoli di cabaret, dove il suo lato sardonico brilla davvero. Ma, come spesso accade, la televisione e uno dei programmi comici di maggior successo, ” Zelig “, sono responsabili della vera popolarità.
Le piace anche scrivere ogni volta che ne ha l’opportunità. How Nice It Is to Be Us, Like a Kind of Smile, A Matter of the Heart e Gertrude’s Syndrome: Almost an Autobiography sono alcune delle sue opere più conosciute e ben accolte. Il suo vasto background come doppiatrice è incluso anche nel suo curriculum. Ha prestato la sua voce a uno dei personaggi più riconoscibili di “Paths”,
Reva Shayne, per un bel po’ di tempo. L’artista ha deciso di tenere nascosta la sua vita personale. Sta da tempo con il marito architetto, Andrea Marietti. Arianna, Viola e Nina erano le sue tre figlie dalla sua relazione con lui. Viola è colei che ha seguito le orme di sua madre e ha intrapreso una carriera a teatro. Proprio come Alice nel paese delle meraviglie,
le donne sono sempre consapevoli delle proprie inadeguatezze. Eppure, nonostante le probabilità, si spinge comunque avanti. Di fronte alla morte, siamo tutti un po’ Alice. Lella Costa, attrice e drammaturga, interviene al convegno della Società Italiana di Oncologia Medica da una piattaforma improbabile. Per lei il primo passo è che medico e paziente si ascoltino a vicenda.
È fondamentale, a mio avviso, che i ricercatori medici in campi specialistici prendano atto della diffusa convinzione che “la complessità della persona debba essere posta al centro. Prosegue affermando che il cancro al seno è una malattia particolarmente brutale perché colpisce un potente emblema della femminilità. Oggi ho tenuto un discorso su “Il corpo del mondo”,
un libro scritto da Eve Ensler, che ha combattuto contro molte malignità. Condivide non solo la sua storia, ma anche le storie di molti altri che ha incontrato lungo il modo. Coloro che non hanno mai vacillato nella loro capacità di rispondere alla sofferenza sia individualmente che come gruppo. Chiedendoti “perché io?” puoi decidere di modificare la tua prospettiva.”
a “ovviamente questo mi è venuto in mente” adottando un certo atteggiamento nei confronti delle avversità. E il passo successivo è ‘allora facciamo qualcosa e facciamola insieme'”. Nata a Milano nel 1952, Lella Costa studia lettere e si diploma all’Accademia dei Filodrammatici prima di pubblicare il suo primo monologo, Repertorio, su un’orfana e una giarrettiera cintura, nel 1980.
Più recentemente, ha scritto Traviata, Alice, Amleto e Ragazze. L’autore, un artista, scrive in questo libro delle sue esperienze, interessi e compulsioni. Offrendo una serie di entusiasmanti one-woman show come quelli che dà sul palco.La sindrome di Gertrude è ciò che ha portato la suora di Monza a dire “sì” a qualcuno che avrebbe fatto meglio a ignorare: un sì detto per passione,
noia, ribellione, curiosità e stanchezza perché sapeva come resistere a tutto tranne che alla tentazione. È la stessa condizione che ha Lella Costa, e spiega molto di come penso e sento. Questo libro è l’ultima manifestazione del rifiuto di Costa di imparare a dire “no”, in cui scrive sulla sua vita con il nuova prospettiva che è unicamente sua. Quindi qui non c’è agiografia,
pettegolezzo o eccessivo autoreferenzialità; invece, scrivo per la pura gioia di provare a trasmettere la natura poliedrica che è arrivata a definire la mia vita grazie a lei. Più che un’autobiografia, un autoritratto in cui l’autrice si presenta e racconta di carcere e cinema, scarpe e solidarietà, teatro e teiere, musica e memoria, doppiaggio e diritti civili; e anche di musiciste, attrici, cantanti, scrittrici, poetesse, stiliste , veline , matematiche, registe, chirurghe,
e soprattutto di quegli esseri dalla generosità sovrumana che vanno sotto l’etichetta riduttiva di pubblico. Per la prima volta dalla sua nascita nel 2008, lo IEO al femminile si è svolto senza il suo fondatore, Umberto Veronesi, scomparso nel novembre dello scorso anno. Inedita, inoltre, è stata la presenza di un paziente maschio in una discussione sul cancro al seno,
una neoplasia che colpisce tipicamente le donne. Ce n’era moltodi avanti e indietro tra le donne e quest’uomo sul palco mentre ognuno di loro condivideva le proprie esperienze con la malattia, dalla prima diagnosi al sentirsi una persona nuova dopo aver subito il trattamento. In quanto categoria separata ma correlata, gli uomini non ne sono immuni.
È «una su mille contro sette-otto-nove donne su mille» che Raffele Loenardi, pensionato di 60 anni, si ammala. Di certo non una cifra irrisoria. Purtroppo è un fenomeno difficile da scoprire, anche all’interno di un discorso culturale. Per questo Raffele propone: «Metti un pallino blu in un angolo del fiocco rosa». Su di lui sono state eseguite in totale due operazioni:
seno destro rimosso nel 2010, seno sinistro un anno fa. Ride e sorride mentre racconta la storia, esattamente come le donne, pazienti ed ex amanti dell’Istituto Europeo dei Tumori per cui Umberto Veronesi ha ideato l’evento.
