Imitatori Di Un Autore

Spargi l'amore
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Imitatori Di Un Autore – GLI IMITATORI, il romanzo di Marco Bellotto, è, a mio avviso, unico nel suo genere e meritevole del massimo livello di considerazione, non solo per ragioni letterarie ma anche per ragioni culturali e sociali più ampie. L’autore, avvocato padovano alla seconda prova narrativa, ha costruito un intrigante intreccio che intreccia la vita di uno scrittore di origini contadine, Livio Mantarro, e personaggi e vicende significative dell’Italia del dopoguerra e degli anni Settanta, epoca in cui il Il PCI era dominante tra le élite culturali e nacque il mito dell’intellettuale organico,

che lavora per la rivoluzione. Sono ampiamente documentati il ​​rapimento dell’industriale Santamira Caracciolo e la lotta armata degli anni Settanta, in cui i sequestri e le uccisioni di “nemici del popolo” erano la norma. La trama del romanzo è meticolosamente realizzata, con tutti i pezzi del mosaico che si incastrano perfettamente al loro posto. Uno dei suoi principali protagonisti, Mantarro, è rappresentato dallo stesso avvocato, Bellotto, e le loro storie sono collegate.

Da un’umile educazione contadina attraverso il seminario e infine al centro della scena nella società milanese degli anni ’60, e infine agli anni di piombo, la vita di Mantarro è davvero unica. Mantarro è uno di quei personaggi che rimarrà per sempre nella mente dei lettori. Sono possibili alcune somiglianze con Luigi Meneghello e Ferdinando Camon, ma penso che Bellotto stesse cercando una nuova interpretazione del personaggio rendendolo un esempio della combinazione difficile e impossibile di cristianesimo evangelico e militanza marxista.

Il libro chiarisce che l’autrice disapprova il conflitto armato, che descrive come “la figlia illegittima del Sessantotto, nata da una spinta libertaria”; anzi, l’esasperata lotta politica che imperversò in Italia nel decennio successivo fu, in un certo senso, proprio in antitesi con l’ispirazione genuina che aveva dato origine alla rivolta degli studenti nel mondo. La narrazione racconta i grovigli nella vita di Mantarro, a cominciare dalla sua amicizia con Giulia, una compagna di classe che è stata portata a casa in un tragico giorno,

e proseguendo verso la sua crescente consapevolezza di amarla segretamente. insieme alla catastrofe che lo ha scosso dal rapimento dell’industriale Santamira. L’organizzazione politica che rapisce Caraccioli fa riferimento alla “sporcizia che si cela dietro l’idea”, che è il programma della lotta armata che motiva le loro azioni. Le Brigate Rosse e gruppi simili aderiscono alla convinzione leninista che i gruppi d’avanguardia rivoluzionaria come i bolscevichi ei surrealisti avessero l’obbligo di aprire la strada alla rivoluzione anche se le masse non li seguivano.

In seguito sarebbero arrivate masse di persone. Il fervore cristiano che permea quest’opera sembra essere stato spigolato dalla sporcizia della campagna veneta. Gli ideali rivoluzionari del 20° secolo sono aspramente criticati, con la scena conclusiva del film – in cui due giovani sorelle sembrano rasate a zero perché hanno lavorato con la dittatura di Sal, nell’immediato dopoguerra – risuona forte, anche se forse un po’ troppo didascalica.

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Con un occhio attento alla storia e una profonda comprensione della natura umana, l’autore ripercorre la vita di Livio Mantarro dai suoi primi anni – durante i quali la sua educazione funge da arma di riscatto sociale – agli ultimi anni come scrittore di successo a Milano e amico di Feltrinelli e Luciano Bianciardi. Spinto da zelo rivoluzionario, prende il timone come leader. Ad esempio, un gruppo di attivisti di sinistra giovani, idealisti e radicali che sono pronti a intraprendere qualsiasi azione necessaria, ma che sanno quando tirarsi indietro.

Sia l’immagine ambientale che l’atmosfera di costante sovversione in cui ci siamo trovati come residenti di Santamira durante gli orribili anni ’70 sono presentati con intelligenza. Sono le emozioni private di Livio e i ricordi del suo amore di tanto tempo fa per Giulia quando era bambino che lo salvano dal perdonare l’omicidio. Bellotto ha costruito un romanzo intrigante e ben orchestrato su queste premesse, con la corretta collocazione dei destini storici e personali.

Questo ci porta alla conclusione dell’indagine giudiziaria in cui Mantarro è coinvolto da un penitente a vent’anni dalla commissione del delitto. Come secondo romanzo di Bellotto, lo trovo un’aggiunta rinfrescante e originale al panorama letterario. La trama che ha costruito ha la precisione e la cura di un maestro narratore. È stato affermato da un alleato del sistema legale che il noto autore Livio Mantarro fosse responsabile della pianificazione e alla fine della decisione del rapimento e dell’omicidio dell’uomo d’affari Andrea Caraccioli alla fine degli anni ’70,

per mano di un gruppo terroristico di estrema sinistra. Un fatto allarmante che dà credito all’accusa è che Mantarro si ritirò dalla vita culturale italiana e smise di pubblicare romanzi e articoli per i giornali poco dopo l’omicidio di Caraccioli. Un avvocato di mezza età, un aspirante scrittore e un enorme Mantarro tifoso ha il compito di difendere l’imputato, ed entra immediatamente in conflitto con la totale indifferenza dell’imputato.

Anche se Mantarro si trova in una struttura privata per una grave crisi depressiva in seguito alla morte della moglie, sembra che gli importi poco dell’esito del processo. L’avvocato dovrà scavare nel passato di Mantarro e scoprirà che la verità è raccontata nel libro di Mantarro romanzi meglio che in tutte le altre testimonianze raccolte. La vita e le opere di Livio Mantarro, prete fallito, grande scrittore e rivoluzionario per amore, sono difese in tribunale in una narrazione che sembra una biografia. devozione culturale aggressiva.

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