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Il Carrozzone Autore - Media Famosi
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Il Carrozzone Autore
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Il Carrozzone Autore – Un termine comune per una compagnia circense. Questo significato è diventato peggiorativo nel tempo; al giorno d’oggi, “carrozzone” è spesso usato per descrivere un assortimento di comportamenti bizzarri. Gli spettacoli da baraccone sono una componente di ogni circo, ma mostrano il lato più vile, crudo e osceno della natura umana. Il famoso poeta romano descrive la vita come un carrozzone.

Anche se, come mi è stato fatto notare nei commenti, Renato Zero è solo l’interprete, mi riferisco a lui come all’autore. Questo pezzo è stato scritto da Franca Evangelisti. Tuttavia, e lo ribadirò di seguito, ci sono occasioni in cui i testi sembrano essere stati scritti dall’interprete. Quindi, durante questa recensione, Renatone sarà accreditato come compositore. Usiamo di nuovo il carrozzone per illustrare la vita.

Perché? Per il semplice motivo che ogni singola maschera del circo è una versione satirica di una persona reale. I re, le regine e i furfanti che vediamo nel circo sono gli stessi che incontriamo ogni giorno. Attenzione, però; “sotto chi tocca in un doppiopetto azzurro, una mattina scendi anche tu” non è il ritornello di una canzone sul vivere. Se lasciare il circo equivale a rinunciare alla vita, al funerale il defunto indosserà il suo miglior doppiopetto blu.

Non ci sono dati concreti disponibili su questo. È interessante pensare all’interpretazione di Kika di “ti sei tenuto stretto e la paura era gioia” nel senso che la presa forte di un padre può sradicare completamente la paura. Il fatto che la canzone possa essere cantata a un target femminile solleva comunque interrogativi. Questa teoria è stata corroborata quando ho letto nella sezione commenti dell’articolo che è stato scritto in memoria di Stefania Rotolo, cantante e conduttrice italiana tragicamente scomparsa all’età di trent’anni nel 1981.

Una terza parte identifica l’autore come il padre di Renatone, mentre Franca Evangelisti ha scritto il pezzo per Gabriella Ferri. Franca potrebbe essere stata ispirata da suo padre durante la composizione del pezzo. Come ho detto prima, ci sono casi in cui gli artisti cantano canzoni che non sono state scritte da loro, ma fanno un così buon lavoro facendo sembrare come loro, che il pubblico potrebbe scambiarle per composizioni originali.

Dopo aver letto i commenti, mi sono accorto che Umberto Tozzi aveva intitolato a Loredana Bertè una sua canzone, “Io non sono una signora”, ma vacca santa, la cantante in questione si chiama infatti Loredana. Spiega il tema della mortalità subito dopo aver discusso del treno della vita. In passato, le persone hanno usato riti teatrali e religiosi per esorcizzare la morte per ragioni occulte. In realtà, come si ricorderà alla conclusione della canzone, il treno continua a rotolare come un carillon primaverile precaricato, e morire è solo una piccola parte dell’intero spettacolo.

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Dovremmo tutti cadere dal carro e presentarci al funerale nel nostro meglio, con mazzi di fiori in mano e una nuvola di incenso che aleggia su di noi. Ora ha la parola la persona a cui è dedicata la canzone. Non sappiamo nemmeno se lui o lei sia un maschio o una femmina; un versetto dopo è tutto ciò che suggerisce che potrebbe essere un giovane. La mia opinione è che la frase “vita meravigliosa che passa” vuole essere satirica. Questi principi fondamentali

Certo, è un po’ puttana e ha la tendenza a dormire con chiunque e con tutti, ma… Ad essere onesti, però, ti ha almeno detto di no. È facile reimparare l’importanza delle cose semplici in mezzo alle grandi tragedie, in questo caso la morte: la conoscenza del pane caldo, il calore di una stretta di mano, la poesia… Peccato che sia finita quando era al suo picco. I reality show e le soap opera non sono altro che una parte normale della routine quotidiana.

Una volta che il fake out e le false lacrime sono finite, la vita torna alla normalità. Tutto ciò che resta sono i nostri ricordi dei cortili dell’infanzia che abbiamo condiviso, i nostri desideri insoddisfatti, la nostra immaginazione più sfrenata e le risate occasionali. Una morte che sembrava aver colto qualcuno che era pieno di vita e che esprimeva la sua eccitazione per le cose apertamente ed entusiasta.

Tuttavia, nulla di tutto ciò conta molto nel grande schema delle cose, perché il carrozzone riprende semplicemente il suo viaggio e dimentica che siamo mai esistiti. Il tema della mortalità è approfondito da Renato Zero. Che dire di questo, che è ancora oggi uno dei migliori testi di Renato Zero e, dovrei aggiungere, della musica italiana in generale? Un bel po’ di cose. Per cominciare, il cantautore romano approfondisce un nuovo argomento: la morte, in un periodo in cui la musica italiana tentava di uscire dal solco del “cuore fa rima con amore”.

E lo fa con grazia e poesia, senza mai tendere la mano, rinchiudendola in una gabbia di indifferenza ma mai di cinismo. Come qualcosa con cui riconciliarsi, con la consapevolezza che vivremo nel cuore di chiunque a cui abbiamo portato una risatina o un momento di felicità. E come nel circo ci sono maschere, artisti, e gli elementi più sporchi interpretati da strani eventi, così, nel fluire dell’esistenza degli uomini, il Carrozzone che Renato Zero interpreta nel libro di Franca Evangelisti è una metafora f

o la vita stessa che scorre. allegorie; le satire di persone reali sono ciò che sono le regine, le truppe di fanteria e i re del primo verso. Sebbene questa frase abbia il potenziale per far sentire felice il lettore, in realtà è una lunga esposizione sull’inevitabile morte del protagonista: la vita, o il carrozzone, continua con i suoi personaggi nonostante l’inevitabile arrivo della morte.

In poche parole, la morte è una parte minore nello spettacolo grandioso e maestoso che è la commovente parata conosciuta come la vita. Anche se provi a dimenticarlo o a respingere il terrore che un giorno tutti svaniranno, la verità rimane la stessa: le persone cominceranno a cadere dal carro della vita una per una.

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