Federico Carboni Incidente

Spargi l'amore
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Federico Carboni Incidente – Non devi essere triste per ricordarti di me, ma dovresti ricordarti di me con un sorriso. Sono felicissimo perché ora posso finalmente essere libero». Federico Carboni, il Mario, ha conquistato la libertà cinque minuti dopo le undici di ieri, facendo di lui una figura nazionale per essere stata la prima persona in Italia a ottenere il permesso di assistere legalmente al suicidio. Il 44enne di Senigallia, ex autotrasportatore tetraplegico dal 2010 dopo aver riportato una lesione al midollo spinale in un incidente stradale, ha operato la pompa di infusione che gli ha permesso di iniettarsi il farmaco letale tiopentone sodico. Morì nella sua abitazione, nel letto che era diventato per lui una prigione, circondato dall’amore della madre, della famiglia, degli amici e dei rappresentanti dell’associazione Coscioni, che aveva rappresentato legalmente per due anni Carboni.

«Ci ​​ha detto di non lamentarci e che tutti intorno a lui dovrebbero vestirsi e indossare una giacca.Era il più assordantemente silenzioso di tutti. »L’avvocato Filomena Gallo e Marco Cappato, rispettivamente segretario e tesoriere dell’associazione, hanno detto che se ne è andato con un sorriso, salutandolo. Un ultimo desiderio? «Quando stavo partendo da Roma, ha chiesto la Porchetta di Ariccia. Gallo ha dichiarato: “L’ha mangiato ieri con amici e familiari”. Al 44enne è stato detto fino all’ultimo momento che poteva riconsiderare, che il parere del Comitato Etico Regionale non era scaduto, ma “voleva procedere” come appena sono arrivato a casa sua con i macchinari per la somministrazione endovenosa e il tiopentone, materiali che si potevano trovare solo con una raccolta fondi. Alle 10:55 è stato indotto il farmaco, che è stato acquistato direttamente dal produttore.

«L’attività respiratoria e poi cardiaca si è fermata dopo cinque minuti. La morte è stata confermata alle 11:05, secondo il dottor Mario Riccio, anestesista di Piergiorgio Welby e consulente di Carboni.L’amministrazione e la morte sono state entrambe videoregistrate nel caso in cui il pubblico ministero volesse vedere come è stato fatto. Il 44enne vincitore è arrivato dopo due anni di battaglie, ritardi burocratici, avvertimenti e denunce all’Asur, che aveva inizialmente respinto la richiesta di valutare le condizioni per l’accesso al suicidio assistito di cui alla sentenza Cappato Fabo. approvazione, una commissione di esperti ha sciolto il dibattito sul farmaco da usare il 4 febbraio. prendine solo uno”. Ma, purtroppo, le cose sono andate così». Carboni ha dichiarato poco più di un mese fa di essere certo di scoprire la sua morte il 5 maggio, data poi posticipata per il mancato reperimento della strumentazione.

https://youtu.be/Pg-Qw77-Tqo
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«Poiché sono consapevole della mia condizione fisica e delle mie prospettive future, sono completamente rilassato e fiducioso nella mia decisione.Ci siamo difesi attaccando, e ci siamo attaccati difendendoci, e abbiamo fatto giurisprudenza e un pezzo di storia nel nostro Paese con l’associazione Luca Coscioni. Finalmente sono libero di volare dove voglio». Una vita con un inizio e una fine. L’incidente d’auto ha provocato un periodo di 12 anni di tetraplegia. Dopo di che, ci fu una battaglia legale che culminò in una svolta storica. Mario è la prima persona in Italia a poter scegliere il suicidio medicalmente assistito come opzione legale. Prima di farlo decise che era anche il momento di svelare al mondo la sua vera identità: si chiamava Federico Carboni, non “Mario”, come lo avevamo conosciuto. Aveva 44 anni e viveva nella provincia di Senigallia di Ancona. Sul suo letto d’ospedale, ha detto:

“Ti auguro buona fortuna, ti amo”. Quindi premette il pulsante per avviare l'”aggeggio”, come lo chiamava lui, che consegnerebbe il farmaco letale direttamente nelle vene. In una afosa mattina di giugno alle 11:05, è morto.Per la precisione, il 16 giugno, data che passerà alla storia del nostro Paese perché ha sancito un prima e un dopo senza precedenti». Nonostante la tecnica sia consentita dalla Corte Costituzionale con la sentenza Cappato Dj Fabo, lo Stato italiano fa non sostenere i costi del suicidio assistito e della somministrazione di farmaci in assenza di una legge”. Lo aveva denunciato l’Associazione Coscioni, che aveva subito organizzato una raccolta fondi per Mario. Perché morire in Italia ha un prezzo che il malato deve sopportare. Nel suo caso, l’importo era di 5.000 euro. L’importo raccolto ha superato di gran lunga l’equivalente necessario per coprire i costi delle attrezzature e dei farmaci, grazie a una “mobilitazione straordinaria”.

Mario non ha perso occasione per esprimere la sua gratitudine a coloro che lo hanno assistito nel suo precedente viaggio. “Grazie a tutti”, ha detto, “per aver coperto le spese del ‘mio’ gadget, che poi lascerò a disposizione dell’Associazione Luca Coscioni per chi dopo di me ne avrà bisogno”. “Continuare a sostenere la lotta per il diritto di scelta”.La storia di “Mario” è un passo avanti in termini di cure di fine vita. Tuttavia, non esiste ancora in Italia una legge che definisca regole e confini. E non c’è, nonostante la Constitutio La richiesta della Corte finale al Parlamento di approvarla nel 2019. La Corte era all’udienza del caso di Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Coscioni, che aveva accompagnato DJ Fabo, tetraplegico morto in Svizzera in seguito a un incidente stradale. Tutto questo è stato fatto per alleviare il suo dolore lancinante.

Cappato non è stato punito perché il caso di DJ Fabo ha soddisfatto tutti e quattro i requisiti fondamentali per la pratica: essere tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale; soffre di una malattia irreversibile; essere affetti da una patologia che provoca sofferenze intollerabili; ed essere pienamente in grado di prendere decisioni libere e informate. Anche Federico Carboni, riconosciuto dalla sua Asl di riferimento dopo quasi due anni di battaglie legali, tra procedimenti penali, ricorsi e diffide, ha soddisfatto queste condizioni.

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