
Fabio Ridolfi Storia Vera -La morte di Fabio Ridolfi è stata annunciata alla famiglia tramite l’associazione Coscione. Il 46enne di Fermignano (Pesaro-Urbino), che da anni chiedeva l’eutanasia, aveva appena iniziato il processo con una pesante sedazione, sospendendo contemporaneamente il
nutrimento e l’idratazione artificiale. Dopo 18 anni di immobilità a causa di una malattia irreparabile, Fabio Ridolfi, 46enne di Fermignano (Pesaro Urbino), ha scelto di morire sotto profonda e continua sedazione, come consentito dalla normativa sul testamento. Luglio 2017. La morte raramente è una
decisione, ma in questo caso lo è: Fabio Ridolfi ha scelto di morire. A causa della tetraparesi, il 46enne di Fermignano (Pesaro Urbino) è confinato nel suo letto da 18 anni e può conversare solo con il puntatore dell’occhio. Fabio, nato il 5 marzo 1976 a Chieri, in provincia di Torino, ha avuto una grave
malattia durante un pasto nel 2004, poco prima di compiere 28 anni, che lo ha portato a perdere l’equilibrio e successivamente ad intorpidirsi in tutto il corpo. Il lato sinistro del corpo. La tetraparesi dovuta alla rottura dell’arteria basilare è una condizione irreversibile che è stata identificata.
Fabio Ridolfi aveva chiesto all’Azienda sanitaria marchigiana l’accesso al suicidio assistito sulla base della sentenza del 2019 della Corte Costituzionale nel caso Fabiano Antoniani, meglio noto come DJ Fabo, e nonostante fosse accertato che avesse i requisiti per accedervi , non aveva un parere sul
farmaco e non erano mai state indicate le relative modalità della sua somministrazione. Ridolfi, con il supporto dell’associazione Luca Coscioni, aveva inviato il 10 gennaio una richiesta all’Azienda sanitaria Unica Regionale delle Marche, chiedendo verifica delle proprie condizioni per poter accedere
al suicidio medicalmente assistito secondo la sentenza della Corte Costituzionale, la quale prevede che chiunque assista una persona al suicidio non è punito purché ricorrano determinate condizioni: il paziente è “tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale.” Nonostante il Comitato Etico, organismo
indipendente composto da medici e psicologi incaricati di ensuri In materia di tutela dei diritti dei pazienti, ha informato Rodolfi l’8 aprile che avrebbe potuto accedere al suicidio assistito entro i parametri del Consiglio, non vi è stata comunicazione sulle modalità di attuazione o sul farmaco da
utilizzare per rispettare il diritto di Ridolfi.Ridolfi ha perso la speranza a causa dell’incombente contesa giudiziaria e ha optato per una sedazione profonda e costante: “Da due mesi la mia agonia è stata riconosciuta come grave”. Soddisfano tutti i requisiti per essere assistita nella morte. Lo stato,
d’altra parte, è completamente disinteressato a me. Ha annunciato: “A questo punto ho scelto la sedazione profonda e continuerò a farlo anche se prolunga l’angoscia per coloro che mi amano”. Questa procedura richiede il consenso della persona all’idratazione artificiale e alla terapia
alimentare. Si prosegue poi con la sedazione e l’allontanamento delle terapie di supporto vitale, come consentito dalla normativa italiana 219 del 2017. Tale operazione viene solitamente eseguita a domicilio o in hospice con l’aiuto di un medico; nel caso di Ridolfi, l’organizzazione Coscioni dice che
stanno ancora discutendo su come continuare. L’autorità sanitaria delle Marche ha concesso l’autorizzazione grazie a una sentenza della Corte costituzionale nel settembre 2019 nel caso di Marco Cappato, politico e attivista dell’associazione Luca Coscioni che era stato accusato – in base
all’articolo 580 cp – di aver assistito Fabiano Antoniani, meglio noto come dj Fabo, paralizzato e cieco in seguito a un incidente.
La Corte aveva ritenuto che il suicidio non sia illegale in determinate circostanze e che la pratica non sia assimilabile all’istigazione al suicidio (che è invece la stessa dell’articolo 580 cp). Di conseguenza, la sentenza non riguardava direttamente il diritto al suicidio assistito, ma piuttosto coloro che hanno
scelto di aiutare le persone che hanno deciso di morire. Indirettamente, però, la sentenza ha riconosciuto il suicidio assistito in circostanze estremamente ristrette e ha messo in dubbio la posizione del Servizio Sanitario Nazionale in materia. Di conseguenza, spetta alle istituzioni sanitarie
pubbliche verificare le condizioni in cui è consentito il suicidio assistito. Come atto finale, ha scelto di rendere pubblico il suo desiderio di morire, sempre con il patrocinio dell’Associazione Luca Coscioni: “Caro Stato italiano, sono così da 18 anni”. La mia situazione sta diventando ogni giorno sempre più
insostenibile. “Aiutami a morire”.È importante sottolineare che il suicidio assistito non è la stessa cosa dell’eutanasia: nel suicidio assistito, l’individuo malato assume le medicine necessarie per uccidersi da solo. Il medico, invece, svolge un ruolo cruciale nell’eutanasia: nell’eutanasia attiva somministra il
medicinale, nell’eutanasia passiva sospende o spegne l’apparato che mantiene in vita la persona. Non esistono leggi in Italia che regolino l’eutanasia attiva or suicidio assistito, proprio la sentenza della Corte Costituzionale nella causa Cappato. La normativa sul testamento biologico, invece,
controlla l’eutanasia passiva dal 2017. La proposta di votazione sull’eutanasia attiva era basata sull’eutanasia attiva, ma la Corte Costituzionale l’ha dichiarata nulla. Ha auspicato l’abrogazione di una sezione dell’articolo 579 del codice penale, che punisce l’omicidio di una parte consenziente: ciò
consentirebbe l’eutanasia attiva, ora vietata in Italia e che avviene quando un medico consegna il medicinale necessario per morire. Negli ultimi 18 anni Fabio Ridolfi è stato confinato in un letto. Può solo muovere gli occhi e usare un computer per comunicare. Fabio era in visita a casa dei suoi genitor
i nel 2004, poco prima di compiere 28 anni, quando si è ammalato. Viene subito chiesto aiuto e la vittima viene portata in ospedale. La diagnosi è devastante: un’emorragia cerebrale ha provocato tetraparesi permanente.
